Oggi accompagno un gruppo di persone che effettueranno una cura silvoterapica di due giorni. Al contrario del bagno di foresta, che dura solo alcune ore, la cura è un vero e proprio soggiorno immerso nella Natura, nel corso del quale ciascuno può scoprire qualcosa in più su sé stesso e la foresta, beneficiando degli effetti terapeutici dell’ecosistema circostante. La cura è fatta di silenzi, di luci e ombre, di colori, suoni, profumi e soprattutto emozioni. La foresta è uno scenario in cui convivono organismi interdipendenti, animali e vegetali. Ognuno, seguendo il proprio ritmo, si sintonizza con gli elementi della natura. La foresta è il luogo ideale per stimolare tutti i nostri sensi, necessari per ricevere informazioni sull’ambiente. Ci permettono di distanziarci o avvicinarci, di concettualizzare e discernere. Ci aiutano nella costruzione della nostra identità e della nostra personalità, acuendo la nostra curiosità verso il mondo esterno.La vista è stimolata dal colore della vegetazione circostante. È una seduta di cromoterapia che si svolge davanti ai nostri occhi, dotata di un’azione tono-sedativa. Quando camminiamo per la foresta all’ombra delle chiome verdeggianti, esponiamo il nostro corpo a una serie di onde elettromagnetiche dette fotoni. Queste onde interferiscono con le cellule del nostro corpo, sedandole o stimolandole. I colori delle onde elettromagnetiche corte, come il verde delle latifoglie o il verde-blu delle conifere, hanno un effetto calmante sul nostro organismo. Il battito cardiaco rallenta, il sistema nervoso si autoregola e la pressione arteriosa si equilibra. I colori, in quanto tali, non esistono nel mondo fisico. Non sono altro che energia luminosa. Il verde, così presente nella natura in primavera e in estate, simboleggia la vita e la rinascita. Se osserviamo le foglie verdi, possiamo vedere il centro dello spettro cromatico prodotto dalla luce del sole. Questo incontro tra il sole e la terra rappresenta l’asse centrale e favorisce un buon equilibrio mentale e psicologico. Attraverso questo colore possiamo andare alla scoperta della natura esteriore così come della nostra interiorità.Secondo Vasilij Kandinskij, pioniere dell’Astrattismo, a ogni colore corrisponde una forma: il blu è associato al cerchio, il verde al cerchio e al triangolo. È una conferma dell’effetto tono-sedativo di questi due colori, poiché il cerchio ha un’azione calmante, mentre il triangolo, essendo appuntito, è più stimolante.In autunno il verde svanisce a poco a poco, per lasciare spazio al rosso e al giallo. Secondo la teoria degli opposti di Ewald Hering, in questa mescolanza cromatica l’occhio percepisce il colore grigio. Sembra infatti che il principio di persistenza dei colori ne modifichi la percezione e, dopo aver osservato foglie rosse e verdi, se chiudiamo gli occhi il nostro cervello vedrà solo del grigio. È forse per questo che, in aggiunta alla diminuzione della luminosità, il nostro umore tende a farsi più cupo in questa stagione. Inoltre, il colore rosso è associato alla forma quadrata, chiusa e rigida. Quando il verde scompare totalmente, la natura prende fuoco: le foglie diventano rosse, gialle, marroni o arancioni. Se osserviamo le cime degli alberi, le foglie appariranno come mille candele che si consumano formando un immenso braciere, prima di spegnersi con l’avvento dell’inverno. I colori caldi delle foglie, uniti a certi frutti come quelli del biancospino, apportano un vivace tocco di rosso, decorando la foresta.I tronchi, color marrone scuro o addirittura bianco nel caso della betulla, sono rassicuranti e riposanti. Avvicinandoci noteremo la rugosità o la levigatezza della loro corteccia; ancora prima di toccarli, sappiamo già che sensazione proveremo ad accarezzarli.La foresta offre anche un gran numero di fiori: quelli bianchi o rosa degli ippocastani, quelli bianchi dei ciliegi e gli amenti generalmente verdi delle altre piante.Osservando gli alberi che si trasformano a ogni stagione, scopriamo una miriade di colori che mutano giorno dopo giorno, per il grande piacere del nostro organismo.Se i colori hanno una risonanza psico-emotiva, anche le forme che la natura ci propone agiscono sulla nostra mente.A ben guardare, la nostra vista è sottoposta a un gran numero di modelli geometrici, linee, curve, triangoli, cerchi, coni, sfere e perfino cuori.Innanzitutto la forma verticale dei tronchi ci ricorda che, come gli alberi, anche noi ci reggiamo in piedi tra la terra e il cielo. Questa verticalità evoca la vita e la buona salute, ci rassicura donandoci forza e fiducia.I rami, le ramificazioni, le biforcazioni e le radici sono tutte estensioni del tronco. Simboli di unità e aiuto reciproco, è tramite loro che l’albero occupa la propria posizione nello spazio. Pensate a quanto ci si sente bene sotto una chioma ampia e armoniosa, e a come invece faccia meno piacere la vista di un albero scorticato, gracile e fragile!I rami diritti o orizzontali evocano l’equilibrio, mentre le ramificazioni contorte, pendenti e piegate verso il basso rappresentano la fragilità e il disagio.Le caratteristiche del fogliame sono altrettanto espressive dal punto di vista emotivo. Le latifoglie hanno foglie dalle forme più femminili, piacevoli alla vista per la loro levigatezza e leggerezza. Le conifere hanno aghi ispidi che richiamano invece il lato maschile, la rudezza e la forza, come nel caso del pino nero. Ma vi sono anche conifere dalle forme più addolcite, come il pino d’Aleppo, che suscitano un’impressione più serena e meno aggressiva.
L’importanza dei sensi
L’udito è un senso particolarmente determinante per la nostra cura silvoterapica, perché ci fa capire quanto la natura sia viva al di là della sua apparente apatia. La foresta è spesso apprezzata per il suo silenzio. Ora, se ci concediamo un attimo di pausa e ci mettiamo ad ascoltare con attenzione, inizieremo a sentire una serie di brusii e fruscii, come quello delle fronde che stormiscono al vento e che varia di albero in albero. Avete mai udito il fruscio delle foglie di un pioppo tremulo, di una quercia o quello degli aghi di un peccio mossi dal vento? Resterete sorpresi dalla differenza. Se tendete l’orecchio, poi, sentirete sicuramente lo scricchiolio dei rami, il ronzio di un insetto poco lontano, il tamburellio di un picchio verde, il canto di un uccello, il frinire dei grilli, il gorgoglio di un ruscello. Ascoltare i suoni della natura ci permette di sviluppare l’attenzione e la concentrazione.
Il tatto è un mezzo per connettersi direttamente alla natura. La mano è il nostro tramite con l’ambiente. Il nostro corpo prova un bisogno vitale di essere connesso alla realtà che lo circonda, e il senso del tatto è essenziale per conoscere meglio il mondo. I gesti di esplorazione ci aiutano a percepire e a identificarci appieno con la natura. I bambini, in particolare, sono molto sensibili alla scoperta e all’apprendimento delle forme concave o convesse, dritte o curve. Il tatto facilita la memorizzazione e la concentrazione. Le sensazioni provate creano a loro volta nuove emozioni artistiche, importanti per lo sviluppo cognitivo. Come i genitori accarezzano un figlio, così noi possiamo accarezzare un albero, sfiorare con la punta delle dita la rugosità della corteccia del salice o del tiglio, la levigatezza di quella della betulla, la scabrosità di quella dell’abete. Sfiorando le foglie con le dita impariamo a entrare in contatto con l’albero e a conoscerlo meglio. Lo sviluppo del tatto ha l’effetto di rassicurarci e confortarci. Vi siete mai accarezzati una guancia con la foglia di un albero? Le sensazioni cambiano a seconda delle essenze, cioè delle specie arboree. Il tatto è uno strumento di contatto tra noi e l’albero. L’approccio tattile permette di stabilire il contatto fisico che, con ogni probabilità, è quello primario. Dal rapporto che si instaura mediante il tatto scaturiscono un conforto e una sicurezza che ci permettono di esprimerci con maggiore spontaneità, come se avessimo a che fare con una persona. Del resto, il primo gesto che facciamo quando incontriamo qualcuno non è stringergli la mano?
L’olfatto stimola direttamente il sistema limbico del nostro cervello, detto anche «cervello emotivo». Avete mai notato come il profumo del vostro piatto preferito che si spande in cucina vi stimoli l’appetito o come l’odore di una persona vi susciti certi ricordi? Il nostro cervello è capace di riconoscere svariati odori. L’olfatto costituisce una porta d’ingresso per l’inconscio, e le nostre emozioni lasciano grande libertà all’immaginazione. La natura ci offre mille profumi: fiori, muschi, funghi, ma anche aromi prodotti dai vegetali, come la canfora o la trementina. Strofinando una foglia è possibile annusare gli aromi che custodisce gelosamente nelle sue tasche secretrici. Ma questi dolci effluvi sono effimeri, a meno che non riusciate a conservarli nella vostra memoria.
Il gusto ci dà la possibilità di ricollegarci ai ricordi e alle emozioni. Per suo tramite esploriamo il nostro istinto primario di sopravvivenza. Le nostre papille gustative forniscono indicazioni sui sapori amari, dolci, acidi… e la loro percezione è strettamente connessa all’olfatto. Quando espiriamo mentre mangiamo, infatti, alcune particelle degli alimenti presenti nella nostra bocca vengono espulse dal naso, stimolando così i recettori olfattivi. La natura ci offre parecchie occasioni di gustare i suoi sapori: le foglie giovani (soprattutto di faggio, da mangiare in insalata), le bacche (more, corbezzoli, fragoline di bosco…), i frutti (nocciole, noci, castagne, faggiole…), i funghi (porcini, finferli…), le cortecce (come il cambio) da cui si ricava una farina, i semi come i pinoli.